Evoluzione dei fucili a miccia

Raffigurazione di uno dei primi cannoni europei
De nobilitatibus, sapientiis et prudentiis regum, Walter de Milemete, 1326
https://en.wikipedia.org/wiki/Walter_de_Milemete#/media/File:EarlyCannonDeNobilitatibusSapientiiEtPrudentiisRegumManuscriptWalterdeMilemete1326.jpg

Una delle armi da fuoco più antiche di cui si abbia testimonianza sembra essere il cannone riportato nel “De nobilitatibus, sapientiis, et prudentiis Regum” del 1326, scritto dallo studioso inglese Walter de Milemete, e sembra che funzionasse ricorrendo a scaglie di legno incandescenti.

Verso il 1350 furono introdotte le prime armi da fuoco portatili, alcune sembravano dei rudimentali cilindri di ottone. Poi verso il 1400 si cominciano ad usare una miccia libera (la miccia non era parte integrante dell’arma e si utilizzava un pezzo nuovo ad ogni azione di fuoco) che accendeva la carica dell’arma.

La prima testimonianza di un meccanismo usato per attaccare una miccia ad un’arma da fuoco risale al 1415.

Queste armi, con l’avanzare delle tecnologie di offesa e contestualmente quelle di difesa, ovviamente hanno lasciato spazio ad altre tecnologie addirittura scomparendo, ma sono rimasti molti vecchi disegni, tele, stampe che mostrano il loro funzionamento.

Il periodo del fucile a miccia ha avuto una sua evoluzione lasciando poi spazio ad altri sistemi più funzionali: il primo “step” che possiamo considerare fu quello del fucile a miccia con sistema di sparo a leva; poi quello del fucile a miccia con pulsante ed infine, ultimo stadio dell’evoluzione per questo tipo di arma, il fucile a miccia con scodellino di innesco coperto.

Fucile a miccia con sparo a leva.

Possiamo dire che questo è il primo tipo di fucile a miccia ufficialmente riconosciuto e risale al 1415.

Aveva una sorta di meccanismo costituito da una piastra di ferro o di rame avvitata alla parte terminale del supporto di legno, questo era collegato un martelletto pivotante detto anche serpentina in cui poteva si inseriva la miccia a lenta combustione.

Per sparare, si doveva spostare manualmente la miccia infuocata verso lo scodellino d’innesco (doveva essere davvero un meccanismo infernale). La polverina, o polvere di innesco, che si trovava nello scodellino, si incendiava ed a sua volta dava fuoco alla carica principale.

Siccome era piuttosto difficile reggere l’arma, puntare e nello stesso tempo maneggiare la serpentina, questo meccanismo ebbe vita breve e fu migliorato intorno al 1450 fissando una stanghetta alla serpentina e collegando la stessa ad una sorta di leva.

Questa leva era montata in parallelo al supporto ed aveva la funzione che oggi è svolta dalla leva di sparo o “grilletto”. Più tardi alla serpentina fu attaccata una molla a balestra e quando la leva veniva schiacciata, la serpentina si piegava verso lo scodellino d’innesco mentre quando veniva sbloccata questa tornava alla sua posizione iniziale. Nelle versioni successive, alla stanghetta furono collegati altri tipi di grilletto a forma di anello oppure ancora leve Corte e dritte, a dirla tutta, quest’ ultima evoluzione è stata la vera progenitrice del sistema a grilletto attuale.

Fucile a miccia con pulsante (primo sistema a singola azione della storia).

Poco più tardi verso il 1500, l’antesignano del grilletto fu sostituito da un pulsante, un’innovazione che avrebbe avuto un ruolo determinante negli sviluppi di quel periodo storico, infatti la piastra era stata dotata di un bottone collegato ad un perno che attraversava completamente la piastra stessa. Anche in questo sistema la serpentina era caricata a molla, ma la spinta andava esattamente nel senso opposto rispetto al sistema precedente.

La serpentina doveva essere spinta indietro manualmente, dopo di che il suo attacco si innestava sul perno del pulsante che lo teneva bloccato, poi quando si premeva il bottone, il perno traslava verso l’interno sganciando l’attacco della serpentina. La forza della molla carica faceva ruotare in avanti la serpentina, verso lo scodellino d’innesco.

Fucile a miccia con scodellino coperto.

Probabilmente doveva essere davvero difficile usare queste armi da fuoco in condizioni ottimali e ancora di più quando le condizioni del tempo non erano così clementi: l’umidità, la pioggia o una folata di vento, potevano disperdere la polvere dello scodellino d’innesco e rendere impossibile l’accensione. Questa situazione migliorò a partire dal 1550, quando sullo scodellino fu montato un coperchio piatto fissato in posizione orizzontale, proprio a protezione. Per sparare, si doveva far scorrere il coperchietto dello scodellino in modo che la miccia raggiungesse la polvere di innesco e per quanto oggi questo sistema possa sembrare ancora parecchio arzigogolato all’epoca era stato considerato come un grande progresso nel mondo armiero.