Cannoni costieri – Dakar

Seconda guerra mondiale, Mar Mediterraneo, è il 1943: la Germania nazista è al culmine della sua potenza.

Tutte le forze della coalizione provano a manovrare per trovare i punti deboli dei tedeschi, i britannici provano ad inviare una guarnigione sull’isola di Keros in Grecia, per cercare di respingere la controffensiva tedesca volta a convincere la Turchia ad entrare in guerra a fianco della Germania stessa.

I soldati inglesi non hanno le forze per arrestare l’avanzata tedesca e, capendo che non c’era nulla da fare, i britannici inviano 6 navi per evacuare il piccolo contingente.

I Nazisti, prevedendo tale mossa, collocano due potenti cannoni costieri sulla vicina isola di Navarone e utilizzano i due pezzi d’artiglieria per affondare qualunque nave, sia essa civile o militare, non solo “ostile”ma anche neutrale, che si avvicini a quel tratto del Mare Egeo.

Il comandante Jensen è un ufficiale della marina britannica e dei servizi segreti militari di sua maestà la Regina.

Gli è stato affidato il comando della missione di soccorso che all’apparenza sembra impossibile: in sostanza, avrebbe dovuto salvare migliaia di vite in soli sette giorni… facile no?

La sua prima idea è quella di bombardare l’isola con il supporto della RAF, ma i cannoni non sono visibili dall’aria e la contraerea tedesca è ottimamente organizzata, e lo dimostra facendo una strage tra i piloti britannici.

Jensen pensa allora che in realtà aveva una sola altra possibilità in quel momento:  doveva lanciare un raid di sabotaggio che coinvolgesse i commandos britannici e i partigiani greci, anche se non era per nulla convinto che l’azione potesse funzionare.

La squadra scelta è composta da sei uomini: il maggiore Roy Franklin, comandante del team, colui che ha pianificato l’operazione ed ha scelto gli operatori, secondo lui, più idonei; il capitano Keith Mallory (scelto perché esperto alpinista e perché parlava il greco ed il tedesco a livello di madrelingua) e Andrea Stavrou, colonnello del disgregato esercito greco ed ufficiale di collegamento tra i commando alleati e la Resistenza Greca.

Gli ultimi due sono esperti di guerriglia e specializzati nel territorio ellenico, ma sono anche sue acerrimi nemici, pur essendo dalla stessa parte: a causa di un errore tattico che costò la vita all’intera famiglia di Stavrou, egli stesso giurò a Mallory che lo avrebbe ucciso per vendetta a guerra finita.

Il maggiore Franklin sceglie i due compagni ignorando questo “piccolo” dissenso personale tra i due: Stavrou potrebbe approfittare della situazione per vendicarsi in qualsiasi momento, anche se Mallory non crede che lo farebbe in quel momento e in quelle condizioni, perché il greco odia di più i tedeschi e non farebbe nulla per favorirli.

Oltre ai tre ufficiali nella squadra vi sono altri tre soldati. Spyros Pappadimos, un greco di Navarone, “delinquentello” locale, ma figlio del locale comandante dei partigiani, ‘Butcher’ Brown, soldato britannico con l’incarico di operatore radio e meccanico, oltre ad essere veterano della Guerra Civile Spagnola e infine il caporale John Anthony Miller, che nella vita civile faceva il professore di chimica diventato durante la guerra, esperto di esplosivi.

Il piano prevede vari e fasi:

  • fase uno, infiltrazione fingendo di essere pescatori greci, che si fingeranno pescatori greci, sbarcando poi sul lato di costa alta, rocciosa non difeso dal nemico, si arrampicheranno e saranno sull’isola
  • fase due, attivazione del contatto con i partigiani locali
  • fase tre, azione sull’obiettivo penetrando nel forte dove si trovano i cannoni per neutralizzarli con cariche esplosive
  • fase quattro, esfiltrazione rocambolesca… rubando una barca

Il gruppo si mette in viaggio nascondendosi e mimetizzandosi su un peschereccio, ma già nel tragitto di avvicinamento a Navarone una motovedetta tedesca si avvicina, ovviamente, già consapevole di aver abbordato un mezzo sospetto. Nasce una colluttazione e il primo scontro a fuoco.

Gli uomini del maggiore Franklin sanno ormai di esser scoperti, ma la missione deve continuare: questa opzione non era inserita negli aspetti NO-GO della missione.

L’arrivo a Navarone avviene nel bel mezzo di una tempesta e, nonostante l’imbarcazione non resista, l’equipaggio riesce a raggiungere la scogliera e trarsi in salvo con le attrezzature perdendo però viveri e materiali per il primo soccorso.

Nella scalata alla parete rocciosa il maggiore Franklin si rompe una gamba e questo rallenta il congiungimento con i partigiani greci del villaggio di Mandrakos. Il maggiore rischia di morire di setticemia ed Andrea propone di sopprimerlo per mettere fine alle sue sofferenze e non compromettere la missione, ma il capitano Mallory, subentrato al comando, rifiuta, convinto che i partigiani potrebbero curarlo in tempo.

Arrivati a destinazione il gruppo incontra Maria Pappadimos e Anna, le due partigiane incaricate di aiutarli.

Maria è sorella di Spyros, che fu mandato negli Stati Uniti per sfuggire alla guerra e alla miseria. Franklin, è conscio di essere un peso e tenta il suicidio, ma viene fermato dal capitano Mallory, che gli fa credere che la loro missione sia conclusa, perché l’esercito britannico avrebbe tentato lo sbarco in un altro punto dell’isola per distruggere i cannoni.

Nel raggiungere la fortezza, il team viene sorpreso più volte da pattuglie nemiche, ad alla fine viene catturato. Il gruppo riesce poi a liberarsi grazie ad uno stratagemma di Andrea Stavrou e lascia Franklin alle cure dei tedeschi in qualità di prigioniero.

Mallory spera che i tedeschi si facciano dire dal maggiore dello “sbarco sulla costa orientale dell’isola”, cosa che distrarrebbe parte della guarnigione tedesca dalla fortezza dei cannoni.

Una volta raggiunta una casa sicura, Miller si rende conto che gli inneschi erano stati sabotati e capisce che tra di loro si annidava un traditore che viene presto smascherato: la giovane partigiana Anna.

La ragazza a suo tempo era stata catturata dai nazisti e temendo le torture aveva deciso di diventare una spia dei tedeschi. La sua compagna Maria, presa dall’ira la uccide.

Nonostante tutto, Mallory e Miller riescono a penetrare nella fortezza, grazie allo stratagemma pensato da Mallory e alla “falsa” confessione di Franklin che mette in movimento i tedeschi.

Miller mina i cannoni e si tuffa in mare con Mallory, dove vengono recuperati da Maria, mentre Pappadimos e Brown moriranno poi durante le operazioni sull’isola, uno perché troppo avventato, l’altro perché esiterà ad uccidere un marinaio tedesco. Andrea, pur ferito, uccide numerosi tedeschi e riesce a ricongiungersi ai compagni.

I cannoni vengono fatti esplodere e la flotta britannica può attraversare incolume lo stretto di Navarone per recuperare i soldati di Keros.

Maria ed Andrea decidono di ritornare sull’isola per guidare la resistenza locale contro gli invasori; inoltre Andrea perdona il capitano britannico per gli eventi del passato.

Alla fine della storia Mallory e Miller, che avevano avuto in quei giorni molti screzi a causa delle differenti vedute personali sulla missione, si riconciliano ed iniziano il viaggio di ritorno in Patria.

Quello che hai appena letto è la sintesi della trama del film: “I cannoni di Navarone”.

Il film è ambientato in Grecia nelle isole dell’Egeo ed è ispirato agli avvenimenti della battaglia di Lero, ed è stato girato quasi tutto nell’isola di Rodi.

Alcuni momenti sono stati ripresi sulle Isole Tremiti, per la loro somiglianza con quelle della Grecia mentre alcune scene finali del film vennero girate sulla scogliera nella parte occidentale dell’isola del Tino, nel Mar Ligure, in provincia della Spezia.

I cannoni sono visibili sull’isola di Goree, di fronte a Dakar, Senegal, dove sono state girate alcune scene d’azione.

Ma quei cannoni a cosa sono serviti?

Beh, hanno avuto una certa importanza per la zona di Dakar e proprio durante la seconda guerra mondiale.

I veri cannoni di “Navarone” per esempio sono stati impiegati nella protezione di quella zona, durante la battaglia di Dakar tra il 23 e il 25 settembre 1940 davanti al porto della città Africana, nell’ambito degli eventi della campagna dell’Africa occidentale: lo scontro vide contrapposte la squadra navale dell’ammiraglio John Cunningham della Royal Navy britannica, di scorta a un corpo di spedizione di truppe britanniche e della Francia Libera agli ordini del generale De Gaulle, alla guarnigione francese di Dakar e alle unità della “Marine nationale” presenti nel porto, fedeli al governo di Vichy.

L’Operazione, denominata “Menace”, prevedeva di occupare la città o al limite dopo una dimostrazione di forza, e confidando su un presunto sostegno della popolazione locale; il governatore della città “Pierre François Boisson”, invece, rifiutò le offerte avanzate dai gollisti e in breve tempo tra le difese a terra e le navi britanniche si scatenò un violento scontro.

Lo scontro andò avanti per diversi giorni, con un fallito sbarco dei reparti anglo-francesi e varie azioni in mare, finché alla fine la flotta attaccante rinunciò all’operazione e ripiegò su Freetown.

Dakar rimase sotto il controllo della Francia di Vichy fino a che, due anni dopo, con l’Operazione “Torch” tutta l’Africa Occidentale Francese cadde in mano agli Alleati.

Francia libera contro Francia di “Vichy”.

Dopo la disastrosa conclusione della campagna di Francia e la firma dell’armistizio di Compiègne il generale “De Gaulle”, si era rifugiato a Londra con pochi fedelissimi, si pose alla guida del movimento della “France libre”, organizzazione che voleva continuare la lotta contro la Germania nazista e che si contrapponeva al governo messo in piedi dal maresciallo “Philippe Pétain” nella zona della Francia non occupata dai tedeschi (la cosiddetta “Francia di Vichy”, dalla città sede provvisoria del governo).

La “France libre di De Gaulle”, tuttavia, poteva contare su un supporto molto limitato: il movimento “gollista” fu riconosciuto come governo in esilio francese unicamente dal Regno Unito e dai suoi domini, ma la totalità degli Stati neutrali e in particolare gli Stati Uniti d’America continuarono a riconoscere il regime di “Pétain” come unico governo legittimo della Francia.

Nonostante l’appello di “De Gaulle”, solo una minima parte delle forze armate francesi si era detta disposta a continuare le ostilità contro i tedeschi, e dei soldati francesi evacuati in Inghilterra dopo la caduta della Francia, solo poche migliaia avevano aderito al movimento gollista.

La situazione fu aggravata anche dalle azioni intraprese dai britannici per neutralizzare la flotta francese per impedire che potesse cadere in mano ai tedeschi: nel luglio 1940, durante ” l’ operazione Catapult”, le forze britanniche si erano impossessate di varie unità navali francesi presenti nei porti controllati dal Regno Unito, mentre il nucleo centrale della flotta francese era stato attaccato nella base algerina di “Mers-el-Kébir” da una squadra della “Royal Navy”.

Tutti i tentativi del giugno 1940, anche con l’aiuto dei britannici, di alcuni parlamentari francesi e membri del decaduto governo di Paul Reynaud di dare vita a un governo francese in Nordafrica erano naufragati, ma vari territori del vasto Impero coloniale francese incominciarono pian piano a schierarsi dalla parte del movimento della Francia libera.

Il 16 luglio 1940 il governatore della colonia del Ciad “Félix Éboué” aderì al proclama di “De Gaulle”, mentre comitati gollisti incominciarono a prendere piede nel Camerun francese e nel Congo estendendosi ben presto al resto dell’Africa Equatoriale Francese. Tutto questo fervore nelle colonie francesi portò il primo ministro britannico “Winston Churchill” a formulare un piano per far sbarcare in Africa De Gaulle e le sue forze che in quel periodo erano ancora in addestramento nel Regno Unito, e questo avrebbe aiutato ad aumentare la legittimità internazionale della Francia libera.

Direzione Dakar

Un primo piano operativo fu approvato dal Gabinetto di Guerra britannico per il 5 agosto 1940, dopo aver consultato il Comitato dei capi di stato maggiore delle forze armate britanniche: l’obiettivo principale designato fu la città di Dakar, capitale dell’Africa Occidentale Francese e porto principale della regione, c’erano anche un paio di opportunità da percorrere in caso di contingenza, Conakry e Douala, fu stabilito che la spedizione dovesse essere intrapresa unicamente con forze francesi, limitando il coinvolgimento dei britannici al trasporto degli uomini di De Gaulle; il generale si disse favorevole alla scelta di Dakar, ma chiese che il contributo britannico alla spedizione fosse incrementato. Dakar era un obiettivo importante per vari motivi: intanto, nella città erano state inviate, le riserve auree della Banca di Francia nonché quelle del Governo in esilio della Polonia, questo perché si temeva che la Francia capitolasse da un momento all’altro e i britannici inoltre, temevano che il porto potesse trasformarsi in una base per i sommergibili tedeschi attivi contro il traffico commerciale diretto nel Regno Unito; nella rada di Dakar si trovava oltretutto la nave da battaglia “Richelieu”, una delle unità più moderne della “Marine nationale”, ancora parzialmente incompleta e rimasta immobilizzata in loco dopo l’attacco di aerosiluranti della portaerei britannica HMS Hermes l’8 luglio 1940: la cattura della città avrebbe quindi consentito di impossessarsi anche di questa importante unità.

Il 13 agosto il Gabinetto di Guerra britannico approvò un nuovo piano per l’occupazione di Dakar, nome in codice “operazione Menace”: alla forza da sbarco della Francia libera, incentrata principalmente sulla 13°  “Demi-brigade de Légion étrangère”, fu aggiunta una formazione britannica, la 101ª Brigata della Royal Marines Division sotto il comando del maggior generale Irwin, mentre le poche unità navali delle Forces navales françaises libres, furono affiancate dalla squadra britannica, denominata Force M, dell’ammiraglio John Cunningham comprendente le navi HMS Barham e HMS Resolution, la portaerei HMS Ark Royal, gli incrociatori pesanti HMAS Australia, della Royal Australian Navy, l’HMS Cumberland e l’HMS Devonshire, due incrociatori leggeri, dieci cacciatorpediniere e due sloop; in aggiunta una dozzina di unità mercantili, tra cui i transatlantici olandesi Westernland, Pennland ed il polacco Sobieski, avrebbero provveduto al trasporto delle forze terrestri e dei loro rifornimenti.

La partenza della spedizione fu rallentata da ritardi e contrattempi, un po’ come tutte le operazioni anfibie: invece di un viaggio diretto dall’Inghilterra a Dakar si dovette predisporre in sede di pianificazione una tappa nella base britannica di Freetown per permettere alle unità di ripristinare la loro riserva di carburante, e a fronte della pianificata velocità di dieci nodi che il convoglio doveva tenere ci si avvide solo all’ultimo minuto che diverse navi da trasporto non potevano superare gli otto-nove nodi di velocità; tutti questi errori di calcolo finirono con il far slittare di una decina di giorni la data prefissata per lo sbarco. A peggiorare le cose, le misure di sicurezza previste per simili operazioni erano ancora molto improvvisate a causa dell’inesperienza generale, e il 22 agosto il ministero degli esteri britannico mise al corrente il governo del fatto che informazioni sulla spedizione erano trapelate; ciò nonostante, il Consiglio di Gabinetto di diede l’approvazione definitiva al piano il 27 agosto, con la data prevista per lo sbarco fissata al 19 settembre.

Ottenuta l’autorizzazione della commissione d’armistizio tedesca, il 9 settembre il governo di Vichy fece salpare dalla base di Tolone una forza navale, denominata Force Y, composta dagli incrociatori leggeri Gloire, Georges Leygues e Montcalm e da tre navi cacciatorpediniere, agli ordini del retroammiraglio, per noi contrammiraglio, Bourragué e con a bordo truppe e funzionari fedeli al governo Pétain. La partenza della squadra fu segnalata da informatori il giorno stesso al console generale britannico di Tangeri, il quale girò l’informazione al ministero degli esteri a Londra: non a conoscenza della spedizione a Dakar, il console non contrassegnò l’informazione come “importante” e questo, unito ai ritardi causati dai bombardamenti tedeschi su Londra, fece sì che la notizia raggiungesse l’Ammiragliato solo il 14 settembre. Il 10 settembre precedente l’addetto navale britannico a Madrid fu ufficialmente informato dalle autorità della “Marine nationale” che una squadra navale francese sarebbe transitata per lo stretto di Gibilterra, una comunicazione di routine; il messaggio fu inviato in codice all’Ammiragliato la notte del 10 settembre, ma ancora una volta fu inoltrato per via ordinaria senza dargli troppa importanza.

La mattina dell’11 settembre il cacciatorpediniere britannico HMS Hotspur, di pattuglia nel Mediterraneo occidentale, segnalò l’approssimarsi allo stretto di Gibilterra della squadra francese; la notizia fu subito passata al comando della “Force H” a Gibilterra, che mise in stato d’allerta l’incrociatore HMS Renown, e poi all’Ammiragliato che infine mise al corrente il Consiglio di Gabinetto, ormai però era troppo tardi: nella stessa mattina dell’11 settembre i tre incrociatori e i tre cacciatorpediniere francesi superarono indisturbati lo stretto e si diressero a tutta velocità verso sud. Il Renown fu fatto salpare per intercettare le unità francesi e convincerle a non proseguire più a sud del Marocco, ma le navi di Vichy fecero tappa a Casablanca facendo perdere le loro tracce: il Renown continuava ad incrociare a sud della città per due giorni in attesa della squadra francese, ma con il porto coperto di nebbia e uno dei ricognitori britannici abbattuto dalla contraerea fu solo nel pomeriggio del 13 settembre che ci si rese conto che le unità avevano lasciato Casablanca dirette a Dakar.

Con la sua squadra ormai in vista di Freetown, il 14 settembre Cunningham fu informato della spedizione delle navi francesi: l’ Ark Royal e tre incrociatori invertirono la rotta per tentare l’intercettamento, ma quella stessa sera le navi francesi furono rilevate all’ancora nel porto di Dakar. Si accese un dibattito in merito al proseguimento della spedizione, con il governo britannico inizialmente intenzionato a sospendere l’azione e dirottare le truppe golliste a Douala nel Camerun, ma Cunningham, De Gaulle e Irwin insistettero per mantenere l’obiettivo di Dakar ottenendo infine l’assenso di Churchill il 18 settembre. Il 19 settembre le navi di Vichy lasciarono Dakar alla volta di Libreville, venendo subito inseguite dalle unità di Cunningham: i tre incrociatori Gloire, Georges Leygues e Motcalm furono avvistati dall’Australia e dal Cumberland e tallonati mentre procedevano a tutta forza verso sud, mentre l’incrociatore francese Primauguet, salpato da Dakar di scorta alla petroliera Tarn di supporto alle altre tre unità, fu intercettato dai britannici Cornwall e Delhi e convinto dopo negoziati a rientrare pacificamente a Casablanca. Il Gloire ebbe un’avaria alle macchine e, affiancato dall’Australia, accettò di rientrare sotto scorta a Casablanca; il Cumberland invece perse di vista le altre due unità durante un violento temporale, e il Georges Leygues e il Montcalm poterono quindi invertire la rotta e rientrare a Dakar senza essere fermati.

23 settembre

La formazione di Cunningham salpò da Freetown la mattina del 21 settembre giungendo davanti a Dakar alle 05:00 del 23 settembre. Oltre ai due incrociatori e ai tre cacciatorpediniere giunti da Tolone, le unità della Marine nationale presenti in rada comprendevano una torpediniera, tre sommergibili, sei avvisi e tre pattugliatori; la Richelieu, benché completa al 95%, era impossibilitata a muoversi dopo l’attacco aereo britannico dell’8 luglio precedente ma poteva contribuire alla difesa con il tiro dei suoi pezzi anche se solo una torre d’artiglieria da 380 mm e due da 152 mm erano operative. Il porto era ben difeso da una serie di batterie costiere, il cui personale era stato rinforzato da cannonieri giunti con le navi della Force Y: a Cap Manuel erano piazzati due cannoni da 240 mm, ottenuti da vecchie navi da guerra dismesse, con altri due pezzi a Bel Air Point; l’isola di Gorée davanti all’imboccatura del porto era ben fortificata e armata con due cannoni da 240 mm, quattro da 138 mm e due da 90 mm, mentre l’isola di Madeleine era armata con quattro pezzi da 138 mm; a Yoff, a nord del porto, erano piazzati altri quattro cannoni da 155 mm che proteggevano l’aeroporto di Ouakam, dove erano di base vari bombardieri Martin 167 Maryland e caccia Curtiss P-36 Hawk dell’Armée de l’air. Gli anglo-francesi facevano molto affidamento su una sollevazione della popolazione francese e indigena, ritenuta filo-gollista, ma il governatore Pierre François Boisson si dimostrò fedele a Vichy e padrone della situazione.

Alle 06:00, due aerei Caudron C.270 con a bordo una mezza dozzina di francesi liberi decollarono dalla portaerei Ark Royal verso l’aeroporto di Ouakam, al fine di convincerne il comandante a schierarsi dalla parte dei gollisti o a neutralizzarlo in caso di suo rifiuto: gli apparecchi atterrarono indisturbati, ma gli aviatori furono subito bloccati da un drappello armato e fatti prigionieri. Contemporaneamente, aerei Fairey Swordfish britannici cominciarono a lanciare manifesti gollisti sulla città mentre De Gaulle indirizzava un suo personale messaggio radio al governatore Boisson, annunciando di voler prendere possesso del porto per impedirne la cattura da parte dei tedeschi; l’avviso Savorgnan de Brazza si avvicinò all’imboccatura del porto e mise in mare due lance sotto bandiera bianca con a bordo una delegazione di gollisti guidata dal capitano di fregata Georges Thierry d’Argenlieu, comandante delle forze navali francesi libere: d’Argenlieu riuscì a mettere piede a terra, ma dopo un duro colloquio con il capo della polizia portuale fu costretto a reimbarcarsi. Mentre lasciavano il porto le due lance furono oggetto di raffiche di mitragliatrice che ferirono d’Argenlieu e un altro ufficiale, mentre all’indirizzo del Savorgnan de Brazza furono esplosi alcuni colpi d’avvertimento da parte della Richelieu.

Gli avvisi Commandant Duboc e Commandant Dominé, carichi di soldati della Francia libera, tentarono allora di entrare nel porto intorno alle 08:15: le due unità superarono gli sbarramenti, ma nonostante il comandante del Commandant Dominé avesse schierato l’equipaggio sul ponte come segno di non-aggressione le due unità ricevettero colpi d’avvertimento da parte dei cannoni della Richelieu e dovettero ben presto invertire la rotta e ritirarsi. La flotta britannica, rimasta fino a quel momento in posizione defilata, incominciò ad avvicinarsi alla città; intorno alle 10:00 una batteria costiera francese sparò alcuni colpi contro un cacciatorpediniere britannico posto al margine della formazione: gli incrociatori e le navi da battaglia di Cunningham risposero al fuoco, e ben presto un fitto cannoneggiamento si sviluppò tra le due parti.

Nonostante il tiro fosse disturbato da una fitta nebbia, vari colpi furono messi a segno sia da un lato sia dall’altro: l’incrociatore Cumberland fu colpito da un proiettile da 240 mm nella sala macchine che causò un’interruzione dell’erogazione di energia elettrica, obbligando la nave a sganciarsi dall’azione e a ripiegare su Bathurst per le riparazioni; il cacciatorpediniere Inglefield riportò danni e vittime a causa di un colpo d’artiglieria di medio calibro, il cacciatorpediniere Foresight fu raggiunto da un colpo da 138 mm che tuttavia non esplose e l’incrociatore HMS Dragon subì lievi danni per colpi caduti nelle vicinanze. Gli incrociatori Georges Leygues e Montcalm, così come la Richelieu e le batterie ai lati del porto, furono raggiunti da alcuni colpi ma non riportarono gravi danni; proiettili britannici arrivarono sul centro abitato, colpendo anche l’ospedale e causando un totale di 27 morti e 45 feriti. Lo scontro andò avanti fino alle 11:30, quando infine le unità britanniche si disimpegnarono.

I sommergibili di Vichy ricevettero l’ordine di portarsi all’attacco della formazione britannica e il Persée lanciò due siluri verso i cacciatorpediniere Inglefield e Foresight, ma dei due ordigni uno ebbe un guasto e il secondo fu schivato dalle unità britanniche; individuato da un velivolo della Ark Royal, il sommergibile fu attaccato dai due cacciatorpediniere nonché cannoneggiato dall’incrociatore Dragon e dalla nave da battaglia Barham. L’avviso di Vichy, La Surprise, si avvicinò al battello riemerso e ne trasse in salvo l’equipaggio mentre l’incrociatore Dragon veniva respinto dal tiro della batteria costiera situata a Cap Manuel; il Persée affondò quindi intorno alle 11:37 con la morte di un membro dell’equipaggio e il ferimento di un secondo membro. Intorno alle 12:15 fu la volta del sommergibile Ajax a tentare una sortita contro la flotta britannica, ma il battello fu attaccato da uno Swordfish britannico e respinto con alcuni danni a bordo.

Resisi conto che prendere terra direttamente nel porto era impossibile, De Gaulle e Cunningham progettarono uno sbarco per quel pomeriggio a Rufisque, alla base della Penisola di Capo Verde dalla parte opposta rispetto a Dakar; le unità da sbarco furono però localizzate da un velivolo di Vichy intorno alle 14:30, e il cacciatorpediniere L’Audacieux uscì da Dakar per intercettarle verso le 16:20. L’incrociatore Australia e i cacciatorpediniere Fury e Greyhound ingaggiarono un serrato cannoneggiamento con l’unità di Vichy, finendo con l’incendiarla; gli avvisi Calais e La Surprise intervennero per recuperare l’equipaggio del L’Audacieux, il cui scafo vagò alla deriva per tutta la notte prima di arenarsi su una spiaggia a sud di Rufisque: l’equipaggio del cacciatorpediniere riportò un totale di 81 caduti nello scontro. Poco prima delle 17:00 gli incrociatori Montcalm e Georges Leygues e il cacciatorpediniere Le Malin uscirono da Dakar per esplorare la baia a sud di Rufisque, ma la fitta nebbia impedì loro di entrare in contatto con le unità anglo-francesi; l’operazione di sbarco dei gollisti si era nel frattempo risolta in un caos totale a causa della nebbia e della confusione: l’avviso Commandant Duboc tentò di ancorarsi davanti a Rufisque per mettere a terra i reparti imbarcati ma fu respinto dal tiro di due vecchi cannoni da 95 mm situati vicino al faro, che furono poi messi a tacere dal tiro del Savorgnan de Brazzà. I tre avvisi gollisti tentarono un nuovo sbarco su una spiaggia poco a sud di Rufisque, ma i reparti che tentavano di prendere terra furono accolti dal tiro di una sezione di Tirailleurs sénégalais e fatti reimbarcare; vista la situazione, De Gaulle e Cunningham rinunciarono per il momento a ogni ulteriore operazione di sbarco.

24 settembre

La sera del 23 settembre De Gaulle inviò un ultimatum a Boisson chiedendo la resa della città, ma questi rispose con un secco rifiuto. La mattina del 24 settembre le navi di Cunningham tornarono quindi davanti a Dakar: verso le 07:00 tre o quattro bombardieri Blackburn Skua della Ark Royal tentarono un attacco contro la Richelieu, ma furono respinti dal fuoco antiaereo; intorno alle 09:10 sei Swordfish tentarono un nuovo attacco, ma il fuoco antiaereo e l’intervento di alcuni caccia francesi portarono all’abbattimento di quattro velivoli: cinque aviatori britannici furono recuperati e fatti prigionieri dai francesi. Nel frattempo, intorno alle 08:00 il sommergibile Ajax cercò di portarsi in posizione per lanciare contro le navi da battaglia britanniche, ma fu individuato dagli apparati antisommergibile del cacciatorpediniere Fortune e subito attaccato: colpito da alcune bombe di profondità, il battello dovette emergere e il suo equipaggio fu tratto in salvo dal Fortune prima che lo scafo affondasse intorno alle 10:15.

Alle 09:30, con la visibilità leggermente migliorata rispetto al primo giorno, la Barham e la Resolution ripresero il tiro mirando in particolare alla Richelieu e alla batteria di Cap Manuel da una distanza di 14.000 metri, mentre il Devonshire e l’Australia aprivano il fuoco sugli incrociatori francesi che si muovevano a zig-zag nella baia; navi e difese costiere risposero al tiro, ma intorno alle 09:40 la torre da 380 mm della Richelieu andò in avaria e dovette cessare il fuoco, seguita una ventina di minuti più tardi anche dall’unica torre da 152 mm brandeggiabile verso il mare aperto: i cannoni della nave da battaglia rimasero muti fin verso le 12:00, quando i guasti furono infine riparati. Verso le 13:00 i cacciatorpediniere francesi alzarono fitte cortine di nebbia artificiale per nascondere le navi alla vista dei britannici, i quali continuarono ancora per un po’ il tiro contro il porto: alcuni proiettili raggiunsero la nave cargo svedese Tacoma la quale, carica di olio di arachidi, prese subito fuoco; i britannici sospesero il tiro alle 13:30 e si ritirarono fuori portata.

L’azione riprese nel pomeriggio. Alle 15:30 otto Swordfish armati di siluri tentarono un attacco contro le navi di Vichy, ma il forte fuoco antiaereo abbatté due apparecchi e costrinse gli altri a lanciare i loro ordigni da troppa distanza, consentendo al Montcalm e al Georges Leygues di manovrare per schivarli. Le navi da battaglia britanniche ripresero il tiro contro le difese costiere ancora per qualche ora, ma senza alcun successo e nuovamente si ritirarono; la Barham fu colpita quattro volte dai cannoni francesi, ma la corazzatura resse e la nave non riportò danni. Quella sera il rimorchiatore Buffle riuscì a trainare fuori dal porto lo scafo ancora in fiamme della Tacoma, il quale andò per qualche ora alla deriva prima di arenarsi sulla costa dell’isola di Gorée dove poi affondò.

25 settembre

La visibilità per il 25 settembre si prevedeva buona e Cunningham decise di fare un altro tentativo davanti a Dakar. Le navi britanniche arrivarono in vista della città alle 08:25 e incominciarono a distribuirsi i bersagli: la Barham puntò sulla Richelieu, la Resolution sulle batterie costiere dell’isola di Gorée, il Devonshire su quelle di Cap Manuel e l’Australia sugli incrociatori Montcalm e Georges Leygues; l’aviazione di Vichy era però padrona dei cieli e respinse facilmente i ricognitori britannici, abbattendo anche l’idrovolante Supermarine Walrus catapultato dall’Australia.

Alle 09:04, mentre i cacciatorpediniere stendevano una cortina fumogena sul porto, la Richelieu aprì il fuoco sulle unità britanniche, ricevendo subito in risposta una salva da parte della Barham. Mentre le navi di Cunningham incominciavano il tiro, l’ultimo sommergibile di Vichy, il Bévéziers, si portò all’attacco delle navi da battaglia britanniche riuscendo a colpire con un siluro la Resolution: l’esplosione causò un allagamento della sala macchine che obbligò la nave a interrompere il fuoco, ma lo sbandamento fu contenuto tramite l’allagamento di alcuni scompartimenti dal lato opposto dello scafo e l’unità riuscì a ritirarsi alla velocità ridotta di 12 nodi. Lo scambio di artiglieria continuò intenso: gli incrociatori Georges Leygues e Montcalm furono più volte inquadrati dal fuoco britannico ma non vennero colpiti, mentre l’Australia fu centrato da due colpi da 155 mm che tuttavia non gli impedirono di proseguire l’azione; alle 09:15 la Barham fu colpita a prua da un colpo da 380 mm della Richelieu, mentre contemporaneamente la nave da battaglia francese fu raggiunta da un proiettile da 380 mm che aprì uno squarcio sul ponte e appiccò un incendio subito estinto dalle squadre di sicurezza.

Preoccupato per i danni riportati dalla Resolution e dalle altre unità, alle 09:30 Cunningham ordinò alle sue navi di cessare il fuoco e di portarsi fuori tiro; il Gabinetto di Guerra a Londra si riunì per discutere sul da farsi, convenendo infine di cancellare l’azione su Dakar per paura di andare incontro a perdite ancora più gravi. L’ultimo scontro si verificò alle 10:55, quando tre bombardieri francesi Glenn Martin tentarono un attacco alla squadra britannica in ritirata mancando di poco la Resolution; le unità della Force M ripiegarono quindi su Freetown quasi indisturbate: il sommergibile di Vichy Sidi Ferruch, dislocato al largo di Conakry, tentò un attacco alla formazione britannica ma fu respinto dagli aerei della Ark Royal e dovette desistere. Le ultime unità britanniche rientrarono a Freetown la mattina del 28 settembre, ponendo fine alla battaglia.

L’operazione Menace si concluse con un completo fallimento per le forze alleate, sia come combattimento navale che come operazione anfibia ma fu sospesa prima che le perdite risultassero più gravi: il siluro incassato dalla Resolution costrinse la nave a rimanere fuori servizio fino al settembre 1941, mentre più contenuti si rivelarono i danni patiti dalla Barham, dagli incrociatori Australia e Cumberland e da due cacciatorpediniere; la condotta dell’azione mise in luce le notevoli difficoltà del tentare di sbarcare direttamente all’interno di un porto molto ben difeso, oltre che il grado di relativa inesperienza nella conduzione di operazioni anfibie ancora patito dalle forze alleate. Vi furono critiche e discussioni negli ambienti politici nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America circa il fallimento della spedizione, ma nessuno dei responsabili dell’azione andò incontro a conseguenze di sorta.

Vi era un certo timore negli ambienti del ministero degli esteri britannico che un’azione così decisa potesse spingere la Francia di Vichy a dichiarare guerra al Regno Unito, ma in realtà la rappresaglia ordinata dal governo Pétain per l’attacco fu poco più che formale: il 24 settembre aerei francesi decollati da basi nel Marocco bombardarono la base britannica di Gibilterra, con un secondo raid eseguito il 25 settembre con un numero doppio di velivoli; alcune bombe causarono danni nella zona portuale e il peschereccio armato HMT Stella Sirius fu affondato, mentre quattro apparecchi francesi furono abbattuti dalla contraerea. Vista la vittoriosa resistenza della guarnigione di Dakar, nessun’altra azione fu poi tentata da Vichy.

Dopo aver fatto tappa a Freetown per riorganizzare le sue forze, De Gaulle ripiegò sul piano alternativo di sbarcare le sue forze nel Camerun, dove gli uomini del generale Philippe Leclerc de Hauteclocque stavano consolidando le posizioni dei filo-gollisti; l’8 ottobre 1940 De Gaulle sbarcò a Douala con i suoi uomini, dando il via a una breve campagna contro le forze di Vichy della vicina colonia del Gabon: vi furono vari scontri in mare e per terra tra le opposte forze francesi, ma isolati dalla madrepatria e senza rinforzi i sostenitori di Pétain si ritrovarono presto in difficoltà e capitolarono il 12 novembre 1940, consentendo ai gollisti di porre l’intera Africa Equatoriale Francese sotto il loro controllo. Dakar rimase invece saldamente in mano alle forze di Vichy fino al novembre del 1942, quando dopo gli eventi dell’operazione Torch tutte le colonie francesi in Africa passarono dalla parte della Francia libera.